Aprono per la prima volta al pubblico gli ambienti riallestiti delle Cucine nella dimora di Massimiliano e Carlotta.
Luogo di servizio discretamente nascosto e separato dalle aree signorili del castello, le cucine avevano una funzione fondamentale nell’economia della casa e nell’organizzazione quotidiana.
Gli ambienti sono stati risanati, restaurati e riallestiti: è stata riaperta la porta sul mare da dove inizia un nuovo percorso espositivo.
L’attuale percorso espositivo valorizza la ratio degli spazi originali e permette al contempo di ammirare oggetti d’uso e preziose suppellettili da sempre chiusi nei depositi.

Miramare, 1° giugno 2023
Il Museo si arricchisce di un nuovo spazio e di un inedito itinerario museale che ingloba anche depositi a vista nei quali ammirare la collezione di
vasellame per la prima volta visibile quasi nella sua interezza.

Si tratta di oltre 2.255 pezzi, per lo più risalenti all’epoca del Duca d’Aosta: 1.043 cristalli, 250 posate di metallo argentato, 50 posate d’argento, 22 suppellettili da cucina, 890 terraglie.
“Gli interventi hanno interessato gli esterni delle cucine – ha spiegato nel corso dell’inaugurazione il direttore del Museo storico e il parco del Castello di Miramare
Andreina Contessa -, che sono state oggetto di un accurato e lungo restauro, gli interni, gli impianti e in parallelo le collezioni di suppellettili, che sono state oggetto di cure, restauri, pulitura, riordino e inventariazione digitale.”
“Il tema delle cucine, del loro recupero, della reinvenzione degli interni, ci ha portato ad affrontare scelte che includono al contempo conservazione, restauro filologico e scelte scenografiche”.

“Credo che sia interessante focalizzarsi sulle potenzialità comunicative delle cucine e su come la loro valorizzazione sia importante all’interno dell’impianto narrativo della visita offerta al pubblico. Il tema delle cucine, del loro recupero, della loro reinvenzione, ci ha portato ad affrontare scelte che includono al contempo conservazione, restauro filologico e scelte scenografiche.”
Le abitudini, gli usi sociali, i vezzi e le mode del momento sono riflessi, come in uno specchio, nei particolari delle dimore. “Non avendo illustrazioni degli interni e non possedendo gli strumenti originali,
tranne pochi pezzi di mobilio – ha concluso Contessa -, era impossibile operare una ricostruzione filologica degli arredi. Per questa ragione l’allestimento è al contempo rigoroso (rispetta la suddivisione degli spazi e ripercorre il percorso del cibo dagli approvvigionamenti che giungevano via mare fino alla tavola), inventivo e utile, perché inventa una funzionale scenografia che funge da deposito a vista”.

Oggi, per la prima volta nella storia museale del Castello di Miramare si rende possibile un rinnovato racconto museale e un percorso inedito di visite guidate
a cadenza fissa e su prenotazione.

Responsabile del procedimento è il Funzionario architetto del Museo storico Carlo Manfredi, che ha anche progettato e diretto i lavori di allestimento
museografico assieme all’architetto Giulia Parzianello. Responsabili del restauro, gestione movimentazione, conservazione dei beni mobili, Alice Cavinato e Paola Predominato.

Il restauro è stato interamente finanziato con fondi del Ministero della Cultura.
L’intervento complessivo di 300 mila euro di cui 70 mila dal MiC per i Progetti speciali, la parte restante dal bilancio del Museo di Miramare.
Nel Castello di Miramare, come in molte case signorili, si trovano stanze padronali, dove solo una parte della servitù poteva accedere, e stanze riservate al personale di servizio, dove raramente i padroni di casa si recavano. La cucina come posto di preparazione del cibo era considerato un luogo non adatto agli aristocratici padroni di casa: era solo il regno dei servitori. In questo spazio, che a volte poteva comprendere più di un locale, considerata la necessità di accumulare riserve di cibo e bevande, venivano espletati i molteplici lavori di preparazione del cibo. Contrariamente alle abitudini odierne, il cibo veniva acquisito in forma più grezza (ad esempio animali interi che provenivano dai fornitori o dalle tenute di campagna o verdure appena colte), ed era quindi necessario procedere a tutta una serie di operazioni di pulitura, taglio e preparazione. Per questo motivo le cucine erano considerati luoghi sporchi, pieni di odori, fumosi, e quindi da tenere lontane e isolate rispetto ai locali padronali. Dominavano grandi tavoli su cui svolgere i lavori legati al cibo, oltre a luoghi dove poter in qualche modo pulire la merce.

La cucina di lavoro non era contigua alle altre sale. A volte era distanziata da vari altri ambienti e corridoi, in modo da assicurare la necessaria distanza “culturale” rispetto alle
aree padronali di ozio e di ricevimento. I servitori che lavoravano in cucina non avevano generalmente accesso alle altre sale. Esisteva infatti una rigida e complessa gerarchia fra la servitù, che vedeva coloro che
eseguivano i lavori più duri di pulizia in cucina, ma anche nel resto della casa, ai gradini più bassi della gerarchia; solo i gradini più alti della gerarchia erano autorizzati ad avere accesso alle stanze padronali.

Qui la cartella stampa completa:Cartella stampa_ Antiche Cucine